Comunicare con i bambini. Avevate voglia di un argomento complesso, divertente e problematico allo stesso tempo? Eccovi serviti. In questo articolo vedremo la comunicazione positiva, come comunicare con i bambini, l’importanza delle parole dette e, ancor di più, di quelle non dette.
Non giriamoci troppo intorno. Comunicare positivamente con i bambini richiede uno sforzo tale che alcune volte ci chiediamo se ha senso affrontarlo. I bambini continuano a non ascoltarci, continuano a saltare sul divano e noi siamo sempre più stanchi.
Calma, calma, lo so: mica è così ogni giorno. Però, ecco, io lo vivo sulla mia pelle.
Comunicazione positiva significa strapparsi la lingua biforcuta che vorrebbe sputare veleno ad ogni emozione che prova e usare la potenza della parola gentile, efficace, diretta e che non ferisce mai.
Partiamo, come sempre, dall’inizio.
Cosa significa Comunicazione Positiva con i bambini?
La comunicazione positiva è innanzitutto una scelta. E qui già uno può chiudere l’articolo e mandarmi al diavolo. Ma io credo che sia esattamente così. C’è sempre una scelta e dovremmo ricordarcelo. Quando lanciamo una cosa per aria, buttiamo per terra un libro o diciamo a nostro figlio che è cattivo.
Le parole escono da noi. Le emozioni sono nostre. Se non riusciamo a controllare ciò che sentiamo, possiamo scegliere quali parole utilizzare.
Non esiste un mondo, esistono i mondi che decidiamo di vivere.
E questi mondi li creiamo attraverso le parole.
La comunicazione positiva con i bambini è un atto di gentilezza nei confronti di noi stessi e dei nostri figli. Significa comprendere che attraverso ciò che comunico (verbalmente e non) io lascio un messaggio che influenzerà enormemente mio figlio.
Pensiamoci: quanto può cambiare la giornata, la crescita, la vita di un bambino a cui viene detto “Grazie” invece di “Era il tuo dovere”, “Ti è caduto il piatto” invece di “Sei un disastro”, “Mi aspetto che tu faccia i compiti prima di cena” invece di “Se non fai i compiti, scordati pure i tuoi amici”?
Non serve risposta, giusto? Allora vi chiedo solo di entrare in questo articolo senza pregiudizi. Qui, oggi, facciamo un’introduzione gentile al tema della comunicazione positiva. Potrei dirvi che vi svelerò tutti i segreti ma mi sentirei così scemo che no, non mi va. In queste cose ci si può entrare solo con la giusta dose di pazienza.
E per chi già avesse iniziato un suo percorso, ecco, un ripasso non fa mai male.
Come iniziare una comunicazione positiva con i bambini?
Vediamo i quattro passi per iniziare un nuovo modo di comunicare basato sul rispetto, sull’ascolto e sulla pari dignità di tutti gli interlocutori.
Ricordi quanto male faceva quando a scuola l’insegnante ti zittiva con poche e lapidarie parole? Come era ingiusto quando un adulto sosteneva che “è così e basta” perché lo aveva deciso lui che era grande?
Faceva male, era ingiusto perché non ti davano dignità, la tua natura di bambino era la tua croce. Non ripetiamo gli stessi errori.
Apriamoci alla comunicazione positiva per migliorare per riportare i bambini sul nostro stesso piano.
1- Ciò che sottolinei si rafforza
Funziona in un modo così semplice che non ci si crede.
Se passi il giorno a dire a tuo figlIo: non si salta sul divano, non si mangia con le mani, non si mette la testa dentro il water (spero che non lo faccia, ma era per creare degli esempi), la sua attenzione confluirà proprio verso quel comportamento che cerchiamo di estirpare.
La negazione che precede l’azione rinforza solo l’azione. La testa va lì e sopratutto lasciamo il bambino senza risorse, gli diciamo solo quello che non deve essere fatto.
È importante, invece, iniziare a comunicare quello che è importante fare.
Tutte le famiglie hanno una serie di regole, valori, comportamenti accettabili. Se per te non va bene che tuo figlio mangi con le mani*, puoi tranquillamente dire: “si mangia con la forchetta” o ancora “Si mangia con la forchetta, le mani si usano con il pongo.”
“Non saltare sul divano” pone l’attenzione sul saltare e sul divano. “Sul divano si sta seduti”, invece, si indica il comportamento. “Se vuoi saltare si può saltare su questo cuscino“.
Oltre ad aver detto il comportamento, si riconosce il bisogno del bambino di muoversi e si può accogliere con un’alternativa accettabile.
Tuo figlio non ti ascolta? Qui una “tecnica” utile
*in altri articoli parleremo dei nostri bisogni, della difficoltà di ascoltare i loro e compagnia bella.
2- Usa una Comunicazione Orizzontale
Tutto sta da dove guardiamo i nostri figli. Siamo sulle loro spalle a dirigergli la vita o accanto, pronti ad intervenire quando hanno bisogno?
La comunicazione verticale è quella che cade dall’alto, quella direttiva che automaticamente ti fa rispondere: manco al cavolo.
Ma, dai, guardiamoci dentro e diciamoci chiaramente: ma quando il nostro capo, nostra moglie, nostro marito o il nostro gatto ci dicono qualcosa in modo verticale noi reagiamo bene? Oppure sentiamo l’impeto di rovesciarli addosso un bicchiere d’acqua.
Le comunicazioni verticali sono quelle che non considerano l’altra persona, non ne intuiscono emozioni o bisogni. Un bambino che si sente “obbligato” a fare qualcosa può reagire essenzialmente in due modi. Le due R:
Ribellione
Repressione
Davvero vogliamo questo tipo di relazioni? Comunicare orizzontalmente significa percepire che nostro figlio ha dei bisogni e la richiesta non è mai imperativa.
La comunicazione positiva con i bambini permette di lasciare loro un messaggio: io ti vedo, io ti ascolto e io ti rispetto.
3- Parliamo delle nostre emozioni
Ma perché vogliamo che i nostri figli facciano o non facciano determinate cose?
Perché vogliamo che ci aiutino a sparecchiare, che non si arrampichino sul terrazzo o che lasciano stare la sorella appena nata?
Domandiamocelo un secondo. E perché dovrebbe capire a priori quali comportamenti sono “accettabili”.
Proviamo, invece, a parlare delle nostre emozioni. Di come ci sentiamo, di cosa proviamo.
“Ho paura che tu ti possa fare male”
“Mi sento molto frustrato quando mi interrompi”
Parlare di come ci sentiamo è efficace per diversi motivi.
Per primo i bambini capiscono che le nostre parole sono motivate e non cadono dall’alto (“perché lo dico io”). Inoltre, questo modo di comunicare insegna al bambino la capacità di stare in contatto con ciò che prova e mostra come comunicarlo.
Quando si parla dei nostri sentimenti, poi, ci diamo più risorse mentali.
Prova: quando tuo figlio continua a fare QUELLA cosa che non deve fare, prima di inveire contro e far tremare il palazzo, prova a dirgli come ti senti e cosa vorresti.
“Mi sento molto arrabbiata quando le mie cose non vengono rispettate. Puoi usare il tuo telefono finto o giocare con un altro gioco”.
E qui ti lascio un articolo per quando proprio non ce la fai più
4-Descrivi ciò che di bello vedi in lui. Ogni giorno
Domanda secca: fai più lodi o critiche a tuo figlio?
Partiamo da qui. Perché non so voi, ma a me capita spesso di ritrovarmi in lunghe pippe sul come e sul perché si debbano comportare “bene” e via discorrendo e poi sono tirchio come la zia vedova quando si parla di elogiare.
Ogni bambino. Aspetta che lo ripeto: ogni bambino ha una qualità da lodare. Ogni bambino almeno una volta al giorno fa qualcosa meritevole di una nostra parola gentile.
Non si tratta qui di elogiare senza senso, a caso o tanto per. Si tratta di sottolineare il bello che vediamo in lui senza giudizio.
Non “O che bravo” “Ma che bello il mio bambino” “La più brava di tutte”
Ma, piuttosto, un riempire d’oro i suoi gesti.
“Ti sei proprio impegnato per apparecchiare”
“Apprezzo molto che tu ci abbia lasciato parlare”
“Mi sono emozionata vedendoti aiutare tua sorella con i compiti”
Usare la lode descrittiva significa sottolineare con forza ed enfasi ciò che ha fatto il bambino senza dare un giudizio sulla sua identità.
Non è questione di essere bravi o cattivi. Che lui sia buono e meritevole d’amore deve essere un fatto intrinseco nella relazione.
Cosa puoi elogiare di tuo figlio? Quale azione o comportamento ha cambiato?
L’elogio passa anche dai grazie che dici a tuo figlio, dall’entusiasmo che trasmetti, dall’essere una persona autentica che lascia trasparire la gioia di condividere un pezzo di vita insieme a lui.
Questi erano i 4 passi iniziali per cominciare una comunicazione positiva con i bambini.
Ci sono tanti altri temi da trattare inerenti alla comunicazione e lo farò.
Sempre qui.
Sempre insieme.
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Se avessi saputo prima quello che scrivi nei tuoi articoli, sarei stata una madre migliore x i miei 3 figli.
Non è mai tardi x imparare e questi consigli ora posso usarli anche con i miei splendidi 3 nipotini.
Grazie
Cara Nicoletta, sei stata la mamma di cui i tuoi figli avevano bisogno e si fa quel che si può in quel momento.
Grazie comunque, lo prendo come un bel complimento e che fortuna i tuoi nipotini.
Ciao Marco, condivido tutto ciò che hai scritto e provo già a farlo con mio figlio Tommaso (21 mesi)….la parte che trovo più difficile è il non direi solo “bravo”. Cioè non riesco ad avere inventiva…dopo il ti sei molto impegnato con i travasi, se fa una carezza alla sorellina o si lava i denti da solo non mi viene la frase adatta x evitare il bravo oppure mi sembra troppo articolata ed artificiale! In ogni caso ci provo! I tuoi esempi sono molto utili! Grazie
Ciao Ludovica, grazie per il tuo commento.
Sono convinto che sempre più genitori come te si avvicineranno a questo modo di comunicare che spesso è anche un modo di vivere.
L’importante, credo, è avere bene in mente che tipo di rapporto desideriamo: per noi e per loro.
E poi, giorno dopo giorno, impegnarsi, sapendo che non sarà tutti i giorni facile.
Un caro abbraccio,
Marco
Ciao Marco, grazie per la riflessione molto chiara e arriva al cuore!
Scatta subito un post it sul frigo con i quattro punti! 😊
Grazie a te. Che bella l’idea del post-it!